Cometa, una storia straniante al servizio dello stile

Copertina di “Cometa” di Gregorio Magini, foto di ©Un lettore

«I miei genitori scopavano sempre e mi piaceva guardarli. Il mio primo ricordo è mamma che sussulta sotto i colpi del bacino di papà. Mi godevo lo spettacolo e mi succhiavo le gengive. C’è chi sostiene che non posso avere ricordi così lontani, e argomenta con certi dati sullo sviluppo della guaina mielinica degli assoni neuronali, ma è gente insulsa che nella vita non gli è mai capitato niente, hanno sprecato la prima infanzia fissando il fiore di legno sopra la culla, sporadicamente osando avventurare lo sguardo fino al soffitto, ma era già troppo imprudente, gli dava un senso di vertigine. Io invece ricordo bene i miei primi mesi perché guardavo i miei genitori scopare ogni giorno».

Credo che l’incipit di Cometa, scritto da Gregorio Magini e pubblicato dalla casa editrice indipendente Neo, dica molto di quello che è il resto del romanzo e allo stesso tempo credo tragga in inganno. Dopo il primo, esageratissimo capitolo, si rimane tramortiti e ci si aspetterebbe una storia che continui sulla falsariga dell’inizio. Ma il romanzo si sviluppa con toni diversi, spesso esagerati, però raramente vicini ai momenti iniziali.

Prima di andare avanti, iscriviti alla newsletter del blog

Quest’incipit, tuttavia, fa vedere molto di quello che davvero si trova dopo con lo sviluppo dello stile di Magini. Una scrittura fatta di accelerazioni e rallentamenti, un tira e molla con la lingua, dove si alternano frasi brevissime a periodi lunghissimi – tenuti sempre con chiara fermezza dall’autore. Per non parlare, poi, del lessico: comunissimo, forbitissimo, banalissimo e iperspecialistico. Possono convivere questi superlativi? Sì, basta leggere qualche pagina di questo avanguardistico romanzo figlio dei millenial. Il sostrato storico e culturale è quello della generazione nata tra gli anni Ottanta e Novanta. I videogiochi e il G8 di Genova sono un riferimento importante, come importante è la presenza di internet.

Dal punto di vista narrativo, poi, non manca una certa imperfetta maestria. Con questo ossimoro voglio dire che il meccanismo del racconto, per quanto intrigante, alla fine lascia una strana sensazione, quella che si ha davanti a un cerchio imperfetto; ma, allo stesso tempo, fa vedere quanto l’autore abbia un chiaro intento dietro a questo strano disegno che ne esce fuori.

Si mischia narrazione in prima e in terza persona, focalizzazioni mobili, punti di vista a volte antitetici. Ma quello che tiene insieme la storia dei due protagonisti – Raffaele, alla ricerca dell’esperienza sessuale perfetta, e Fabio, immerso nel suo mondo nerd – non è tanto l’intreccio elaborato dall’autore, ma uno stile che riesce a descrivere in maniera efficace eventi spesso fuori di testa, psichedelici, stranianti.

La cura, poi, che la casa editrice Neo mette nel confezionare i propri libri è lodevole. E lo si vede dai dettagli, come la iena stilizzata dietro la copertina (la quale richiama il titolo della collana), e la posizione della foto che ritrae l’autore in coda al volume.

Uno strano gioiello.

Donato Riello

Autore

Donato Riello

Donato Riello è laureato in filologia moderna presso l'Università "Federico II" di Napoli e insegna lettere nelle scuole superiori. Ha collaborato con vari giornali, tra i quali "Il Mattino". Nella sua città, Caserta, ha fondato un circolo letterario: si chiama "Il ritrovo del lettore".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *