Cecità di José Saramago è un romanzo inquietante che racconta la bestialità della natura umana. Pubblicato nel 1995, è uno dei libri più famosi dell’autore portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998. Durante il lockdown del 2020 è stato uno dei romanzi più venduti e letti perché racconta di una epidemia di cecità e delle sue conseguenze sugli abitanti di una città senza nome. In questa recensione provo ad analizzare quest’opera letteraria di assoluto valore, che però, per il lettore comune, credo possa anche presentare qualche difficoltà.
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Indice
Cecità di José Saramago, una recensione
Perché ho letto Cecità di Saramago
Nella mia città, Caserta, è presente da molti anni una libreria Feltrinelli. Ho sempre visto Cecità di Saramago esposto sugli scaffali, tra i libri del catalogo Universale economica, ma non ho mai dato priorità a questa lettura. Ormai da diversi anni è diventato un romanzo di culto e durante la prima ondata di Covid-19 ha scalato le classifiche dei libri più venduti.
Qualche estate fa, sfruttando l’offerta di Feltrinelli dei 2 libri a 9.90€, ho comprato Cecità. Finalmente, durante le vacanze di Natale 2022 ho deciso di iniziarlo per recuperare questa mia colpevole lacuna. Di Saramago ho già letto Le intermittenze della morte, per me tra i migliori libri letti nel 2020.
Cosa racconta
Come detto, Cecità di Saramago racconta la storia di una epidemia che progressivamente e inesorabilmente rende cieche le persone. Per il lettore non è interessante capire il perché le persone siano diventate cieche, ma il come queste reagiscono a un evento così impensabile.
I protagonisti della storia non hanno nomi propri e vivono in una città senza nome di un paese senza nome. Questa scelta dell’autore, come è facile intuire, ha l’obiettivo di sottolineare l’universalità della storia. Non ci si concentra su un periodo storico definito e su delle persone definite perché si intende raccontare la ferinità dell’intera specie umana.
Il romanzo comincia con un uomo che diventa cieco mentre è in coda con la propria auto a un semaforo. Dopodiché, i ciechi cominciano a moltiplicarsi. Il ministero della salute prende inizialmente sottogamba la notizia, comunicata da un preoccupato oculista che riconosce in questa cecità qualcosa che non è presente nei manuali di medicina. Nel giro di poche ore si capisce che la situazione sta degenerando. Il governo decide di mettere tutti i ciechi e quelli che hanno avuto contatti a rischio in quarantena in un ex manicomio sorvegliato dall’esercito.
Sono tutti ciechi, tranne la moglie dell’oculista che ha dato l’allarme. E proprio la presenza di questa donna ancora sana mostrerà anche il lato positivo di quegli uomini che altrimenti considereremmo solo delle bestie.
Infatti, tra le mura di questo manicomio cominciano a emergere i comportamenti ferini di una umanità che ha come unico scopo quello di conservarsi, di non perire, anche approfittando degli altri con terribili soprusi. Il rispetto, in questo mondo, è una parola che tende a scomparire.
Lo stesso Saramago, nel suo discorso pronunciato al momento del ritiro del Nobel, ci dice che ha scritto Cecità per ricordarci “che pervertiamo la ragione quando umiliamo la vita, che la dignità umana è insultata ogni giorno dai potenti del nostro mondo, che l’universale menzogna ha sostituito le verità plurali, che l’uomo ha smesso di rispettarsi quando ha perso il rispetto dovuto ai suoi simili”.
Come è scritto
Lo stile di José Saramago è letteralmente inconfondibile. In Cecità si ritrova il modo di scrivere che, come lui stesso ha ammesso, ha cominciato a utilizzare dal romanzo del 1980 intitolato Una terra chiamata Alentejo.
Le pagine di Cecità sono dei veri e propri muri di testo, in cui ci sono pochissimi “a capo” e i dialoghi non sono segnalati dai classici due punti e virgolette. La punteggiatura si limita solo a virgole e punti, con periodi anche lunghi e articolati che rischiano di apparire quasi incomprensibili a un lettore disattento.
Si tratta di una scelta ben ponderata dall’autore, ma, a mio modo di vedere, per rendere più godibile il romanzo sarebbero bastati degli “a capo” per segnalare quantomeno i punti in cui c’è un cambio di punto di vista.
La voce narrante della storia è davvero particolarissima. Si tratta di un narratore esterno onnisciente e ben presente, con numerosi commenti e qualche intervento diretto che ce lo fa sentire chiaramente.
Inoltre, nel romanzo Saramago inserisce spesso dei detti popolari, dei proverbi, con l’obiettivo, probabilmente, di prendere ciò che nella vulgata è vero e ciò che invece è solo ingenuo. Mette ordine. Un modo, secondo me, per innalzare a un livello letterario alto ciò che è diffuso nella sapienza di un popolo incolto, che a volte ha ragione e a volte ha torto.
Non è un caso che Saramago, in apertura del suo discorso per il Nobel, pronunci queste parole: “L’uomo più saggio che abbia mai conosciuto in tutta la mia vita non sapeva né leggere né scrivere”. Quest’uomo era il nonno.
Una citazione di Cecità di Saramago
Per capire meglio come è scritto Cecità dal punto di vista della punteggiatura, riporto fedelmente un breve estratto della prima parte del romanzo.
Nel manicomio, l’oculista incontra i pazienti che aveva visitato il giorno precedente e tra questi c’è anche un bambino. Non ho fatto errori, la scrittura è resa esattamente come nel romanzo. Dialoghi, descrizioni e commenti del narratore sono tutti in un unico periodo:
“Ieri ho visitato un ragazzino strabico, sei tu, domandò il medico, Sì, signore, la risposta del ragazzo ebbe un tono di dispetto, di chi non ha gradito sentir menzionare il proprio difetto fisico, e aveva ragione, che simili difetti, questi e altri, solo per il fatto di parlarne, dall’essere a stento percepibili diventano più che evidenti”.
- Leggi anche: José Saramago, la curiosa vita di un premio Nobel
Cosa ne penso, in conclusione
Cecità di Saramago ci racconta davvero qualsiasi cosa possa accadere in un mondo dove le persone non vedono più, dove gestire i bisogni più bassi e umani diventa un’impresa e si arriva a vivere letteralmente in un letamaio. L’uomo in quanto specie, poi, esce fuori davvero male da questo racconto, ma l’autore ha deciso comunque di lasciare uno spiraglio di speranza in tale putridume morale.
Certo, il romanzo non è dei più semplici e potrebbe risultare a tratti respingente per la sua difficoltà, oltre che troppo prolisso e noioso in alcuni punti. Ma credo che la grandezza di una scrittura così particolare e una storia così angosciante e terribile, valga lo sforzo necessario per arrivare alla fine di questa straordinaria lettura.