Ho letto il Colibrì di Sandro Veronesi, Premio Strega 2020, appena uscito, alla fine del 2019. Ero a Prato, città natale dello scrittore, e nella libreria c’erano tantissime copie del romanzo. Non avevo mai letto nulla dell’autore, se non un raccontino ormai perso nella memoria. La curiosità, però, era tanta: non è certo uno che pubblica un romanzo all’anno, mi sono detto, vediamo che ha da dire.
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Premio Strega 2020: Il colibrì di Sandro Veronesi
Ho quindi preso questo bel volume giallo (con la lettera “o” in corsivo sia nel titolo che nel nome dell’autore) e ho cominciato a leggerlo, seduto su una poltroncina della libreria. Pagina dopo pagina, sono andato avanti per diversi minuti, il racconto scorreva, ma era tardi: i commessi avevano cominciato a chiudere. Così, persuaso dalle prime pagine, l’ho portato con me alla cassa, ho pagato e me ne sono tornato a casa.
La sfiga e la tenerezza
Nei giorni successivi ho continuato a leggere il romanzo, ma non riuscivo a capire se mi stava piacendo oppure mi stava infastidendo. Questo personaggio, Marco Carrera, dalle mie parti lo si chiamerebbe pasqualepassaguai, ma nonostante la vita piena di sfighe, non mi faceva tanta tenerezza. Poi quando si scambiava lettere e messaggi d’amore mi annoiava mortalmente.
Veronesi, però, è bravo a farti credere che succederà qualcosa di inaspettato e tu continui a leggerlo, speranzoso di sentire il brivido di cui parlava Nabokov, quello che ti scende giù per la spina dorsale e ti fa dire sì, questo è un gran libro. Ci ho sperato fortemente, per tutta la lettura, ma questo brivido non è arrivato.
Tu vuo’ fa’ l’americano
Mi pareva che l’autore non riuscisse a mantenere il livello della scrittura a cui aspirava. Con tutti quegli elenchi e quelle scelte tipografiche, mi sembrava volesse fare l’americano, quello postmoderno, senza però riuscirci. Poi nel finale si è accartocciato su trovate narrative che definire forzate è un eufemismo: di quelle cose che si mettono giusto per far capire come la si pensa e utili a dare una lezioncina al lettore da educare. E, girata l’ultima pagina, non ho potuto far altro che pronunciare un bel mah.
Sono passati circa nove mesi da quando l’ho letto, sono bastati a cancellare dalla mia memoria troppe parti del Colibrì. Sta facendo la stessa fine di quel suo raccontino che avevo letto molti anni fa: perduto nella memoria. Forse non era destino.
Eppure, stanotte, questo romanzo dalla copertina gialla ha vinto il premio letterario più importante d’Italia, il Premio Strega 2020.