Il giunco mormorante di Nina Berberova è un racconto lungo (circa 80 pagine) in cui viene narrata la storia di due amanti. Uscito per la prima volta nel 1958 e pubblicato in Italia da Adelphi, è un libro che nonostante la brevità contiene al suo interno molti temi: l’amore, la seconda guerra mondiale, la libertà, l’invasione nazista della Francia e il rapporto tra intellettuali e regimi totalitari. In questo articolo provo a spiegare cosa ne penso e se vale la pena leggerlo.
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Indice
Il giunco mormorante di Nina Berberova
Perché ho letto Il giunco mormorante
Una delle cose più belle di partecipare a un gruppo di lettura è che si leggono libri dei quali non ci si sarebbe mai interessati. Questa volta mi è accaduto con Il giunco mormorante di Nina Berberova. Infatti, se non ci fosse stato Il ritrovo del lettore di Caserta, circolo letterario che ho fondato nel 2016 e attualmente diretto da Valerio Finizio, non avrei mai letto questo breve libro russo. Ho poi scoperto che Berberova è un’autrice molto citata tra le femministe soprattutto per la sua autobiografia, Il corsivo è mio. E anche nel Giunco mormorante sono presenti molti temi cari al femminismo.
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Cosa racconta Il giunco mormorante
La storia di questo racconto lungo vede protagonisti due amanti che si separano all’inizio della seconda guerra mondiale e che si ritroveranno a distanza di anni a Stoccolma. Non è solo la capitale svedese a fare da ambientazione: hanno un ruolo di primo piano anche Parigi e Venezia. Un incrocio di luoghi e di personaggi che Berberova utilizza per raccontarci cos’è la libertà.
L’autrice ci dice che non si è mai realmente liberi senza una presa di coscienza, più o meno tardiva. La protagonista senza nome della vicenda, infatti, pensa che l’amore sia sinonimo di libertà, la sua no man’s land. E anche in un amore clandestino può esserci questa possibilità, se si è consapevoli di quello che succede e delle proprie scelte. Ma quando queste ultime dipendono da qualcun altro, allora non vale la pena continuare e la cosa migliore da fare è andare via. A volte si fugge per paura, altre volte si fugge grazie al coraggio. Berberova ci racconta entrambe le circostanze.
Come è scritto
Il giunco mormorante è un racconto scritto in prima persona, dove la narratrice è anche protagonista della vicenda (tecnicamente si parla di narratore autodiegetico). Lo stile dell’autrice è molto denso e a tratti poetico, ma credo pecchi di una certa oscurità in alcuni passaggi che forse avrebbero giovato di maggior spazio per essere chiariti pienamente. Si tratta di una scelta stilistica in cui il lettore deve provare a riempire i vuoti lasciati volutamente dall’autrice. Berberova, inoltre, dissemina il testo di elementi che poi vengono ripresi nello svolgimento della storia, creando una serie di rimandi interni messi insieme con una certa maestria.
I riferimenti alla letteratura russa e in generale agli intellettuali dissidenti sono numerosi e danno spessore alla storia. Il lettore medio italiano, però, credo che farà molta fatica a orientarsi tra certi nomi. Si sente la mancanza di qualche nota esplicativa o una postfazione chiarificatrice che avrebbero reso molto più piacevole e consapevole la lettura per i non specialisti.
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Cosa ne penso, in conclusione
Il giunco mormorante di Nina Berberova è un libro che nel complesso ho apprezzato. Se durante la lettura si ha qualche dubbio su dove l’autrice voglia andare a parare, nel finale una serie di scelte sono assolutamente chiare. Nell’economia del racconto i particolari descritti, all’apparenza superflui e criptici, hanno tutti un loro senso. Anche se una certa oscurità in alcuni passaggi è certamente fastidiosa per quel lettore che vuole capire sempre fino in fondo. Sarebbe stata gradita una maggiore cura dell’edizione Adelphi, almeno con un minimo apparato critico (sono arrivati alla venticinquesima edizione, non è certo un libro poco venduto). Per il resto, il tema dell’amore e della libertà della donna credo siano stati raccontati con efficacia e piacevolezza.