“Il fucile da caccia” di Inoue Yasushi, una recensione

La letteratura giapponese è una delle meno note in Italia. A parte autori come Murakami Haruki, Banana Yoshimoto e il recente successo di Toshikazu Kawaguchi (Finché il caffè è caldo), non ci sono particolari attenzioni nei confronti dei libri scritti da autori del Sol Levante. Soprattutto quelli del Novecento. Credo sia un vero peccato, perché ogni volta che ho provato ad avvicinarmi a uno scrittore nipponico, ne sono rimasto assolutamente colpito (per esempio con Jun’ichirō Tanizaki). E lo stesso è accaduto con Il fucile da caccia di Inoue Yasushi (Adelphi). Un piccolo romanzo di circa cento pagine, pubblicato nel 1949, dalla struttura narrativa solidissima che sorprende e colpisce. In questa recensione provo a spiegarvi perché è un libro che vale la pena leggere.

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Il fucile da caccia di Inoue Yasushi, una recensione

Perché ho letto Il fucile da caccia

Ho sentito parlare del Fucile da caccia in un podcast che parla di libri, curato da Matteo B. Bianchi, chiamato Copertina e prodotto da Storie libere. In una puntata era ospite il traduttore Giorgio Amitrano, noto proprio per le sue traduzioni dei due autori giapponesi più noti in Italia, Yoshimoto e Murakami. Tra i molti libri che ha tradotto, ha consigliato la lettura de Il fucile da caccia, dicendo che “lo scrittore in questo caso ha raggiunto la perfezione”. Colpito da tali parole, e sempre curioso di scoprire cose nuove, mi sono procurato subito il breve libro, uscito in Italia nella collana Piccola biblioteca Adelphi. 

Cosa racconta Il fucile da caccia

Il titolo non deve trarre in inganno: Il fucile da caccia di Yasushi non ha praticamente niente a che fare con la caccia e con i fucili. Almeno non direttamente. Siamo in Giappone, nella prima metà del Novecento. Il romanzo si apre con la voce di un narratore interno che ci racconta l’origine di questo titolo. Si tratta di un poeta al quale un amico del liceo chiede di scrivere un contributo per la rivista di caccia che dirige. Dopo qualche mese, quando ormai il nostro narratore pensava che il suo componimento fosse passato totalmente inosservato, arriva una lettera di uno strano signore. È un lettore della rivista ed è rimasto particolarmente colpito da quella poesia perché vi si riconosce. Per questo motivo, decide di inviare al poeta tre lettere, scritte da tre donne a lui legate, che raccontano la sua storia. Si parla di amore, relazioni, morte e verità. 

Non voglio andare oltre per non rovinare la sorpresa a chi decidesse di leggere il romanzo, ma vi basti sapere che le tre voci femminili che è possibile leggere creano un andamento narrativo misterioso e appassionante.

Come è scritto 

Il punto di forza del Fucile da caccia credo sia proprio la struttura narrativa. Il genere del romanzo è epistolare, infatti la narrazione è composta da un alternarsi di lettere. Inoue Yasushi è riuscito a creare un congegno narrativo di estremo valore in cui si intrecciano cinque voci narranti. Ed è proprio l’intrecciarsi di queste voci a rendere intrigante e coinvolgente la storia. 

Tecnicamente, nel romanzo sono presenti un narratore di primo grado (l’autore della poesia) e quattro narratori di secondo grado (il lettore della rivista di caccia e le tre donne a lui legate). Ad avermi colpito è quanto riesca a dirci l’autore grazie a questa struttura: un modo per raccontarci le molte facce della realtà e la difficile ricerca della verità in una storia in cui sono coinvolte più persone e i loro punti di vista.  

Non manca nel romanzo una certa attenzione ai simboli e alle metafore. Bisogna però ammettere che l’autore non risulta eccessivamente criptico e non si fa mai troppa fatica a capire il senso di certi oggetti e situazioni simboliche. Del resto, bisogna ricordare che Inoue Yasushi è stato anche un autore di poesie. E quest’ultimo particolare non può che farci sospettare che la storia possa essere, almeno in parte, autobiografica. 

Inoue Yasushi

Una citazione del Fucile da caccia

Per capire in che modo la scrittura di Inoue Yasushi riesce a tirarci dentro a questa costruzione narrativa così ingegnosa, vale la pena leggere l’incipit che riporto di seguito. Si fa subito riferimento al titolo del romanzo e ci viene descritta la situazione iniziale. 

“Ho pubblicato di recente sulla rivista «L’amico del cacciatore», il modesto bollettino dell’Associazione venatoria giapponese, una poesia dal titolo Il fucile da caccia. Ciò potrebbe dare l’impressione che io abbia qualche interesse per la caccia, ma sono stato educato da una madre che aveva in odio l’uccisione di esseri viventi, e in vita mia non ho mai preso in mano nemmeno un fucile ad aria compressa. Il fatto è che a dirigere questa rivista è un mio compagno dei tempi del liceo, ed è stato lui, forse spinto da un impulso improvviso, o magari anche nel cortese intento di riparare a un lungo silenzio, a chiedermi una poesia”.

Cosa ne penso, in conclusione

Il fucile da caccia di Inoue Yasushi è davvero il romanzo “perfetto” che ha descritto il traduttore Giorgio Amitrano? Non so se questa sia la perfezione, ma con un meccanismo narrativo di estrema finezza l’autore ci racconta una storia profonda e analizza temi universali. Con un alternarsi di voci e punti di vista, Inoue Yasushi ci fa vedere quanto una verità unica sia difficile da trovare. Soprattutto se viviamo nel nostro mondo, fatto di tante versioni, ragioni e segreti quante sono le persone che lo abitano. Provate a leggerlo, sono solo un centinaio di pagine.

Donato Riello

Autore

Donato Riello

Donato Riello è laureato in filologia moderna presso l'Università "Federico II" di Napoli e insegna lettere nelle scuole superiori. Ha collaborato con vari giornali, tra i quali "Il Mattino". Nella sua città, Caserta, ha fondato un circolo letterario: si chiama "Il ritrovo del lettore".

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